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Vintage Life

Quella coppia di anziani che cammina lentamente, mano nella mano, non mi ispira solo tenerezza. Sa di buono. Di borotalco, di persiane abbassate, di toni umili e gentili. Ti danno del lei. Rispettare per non invadere. Aspettare prima di definire. Hanno inciampato in sentieri scoscesi, ma non si sono domandati se quella mano avrebbe allentato la presa. Consapevoli, non scontati. Hanno vinto sulla precarietà donandosi al tempo.
Non è il nostro brand. Indipendenti, bastanti a noi stessi, a breve perfettamente clonati, corazzati fuori e incerti dentro. Superiori e dipendenti da una legge ferrea che ci vuole docilmente manipolabili. E così oggi ci sei, domani chissà, magari sulla rete troverò il borotalco e le parole dolci che hanno cancellato su wikipedia.
Rimango vintage. Fiera di esserlo, anche se riduci la socialità e varchi i confini. Abituati a fuggire dal passato, dovremmo almeno rispolverarlo per ricordare gli odori, i colori e i silenzi. Da lì nascono i sorrisi, quelli veri, i sentimenti, puliti e liberi da cicatrici e assiomi, gli abbracci, che non invadono. C’è poesia alle nostre spalle..e un sapore antico che vale la pena ritrovare. Per non essere tutti uguali. Buon vintage a tutti.

E’ l’ultimo nato della catena di nomi catastroficamente conosciuti per annunciare calamità varie, in questo caso il gran caldo nel quale stiamo annaspando da qualche giorno. Dopo Nerone e Caronte arriva lui, Flegetonte.
Platone nel Fedone ne parla come di un fiume di fuoco dove sono immersi i parricidi e i matricidi.
Si fosse chiamato, che ne so, Afrodite, non ci avrebbero provocato l’ansia anticipatoria, anzi.
Insomma, c’è da stare tranquilli.
In effetti basta guardarsi incontro per sentire a fior di pelle (sudata) un’aggressività crescente mista a un’insofferenza che ci fa vedere il prossimo come un potenziale sacco da boxe.
Non è molto rassicurante a questo proposito lo studio dell’Università di Berkeley, in California, pubblicato su «Science»: secondo questa ricerca esiste una correlazione tra i mutamenti delle temperature e l’aumento di aggressioni, stupri e omicidi; in particolare si stima che un aumento di 2 gradi centigradi della temperatura globale potrebbe portare a un aumento di circa il 15% del tasso di criminalità.
Se a questo si aggiunge che in Europa il 40% della popolazione soffre di disturbi psichici da lievi a gravi (indipendentemente dal clima), beh..l’immagine del mondo sembra diventare sempre più violenta e temibile.
Lo scenario non mi piace per niente: siamo tutti potenzialmente così pericolosi? stiamo ripercorrendo la scala di Darwin al contrario?
E gli psichiatri (che avranno un sacco di lavoro) che ne pensano? beh..pare che ci sia una predisposizione nelle persone che hanno vissuto l’amore “a condizione che”.
Ti premio e ti voglio bene se sarai come dico io (affermano magari papà e mamma). Crescono con una rabbia più o meno nascosta che non li fa mai sentire all’altezza delle situazioni che vivono e l’emotività degenera, l’eccessiva calura porta all’esasperazione dei conflitti quotidiani e zac..magari ti mando a quel paese (se va bene), altrimenti sclero di brutto.
Forse è per questo che l’hanno chiamato Flegetonte, ma possiamo ribaltare lo scenario..il libero arbitrio è un dono bellissimo e se non possiamo ibernarci, possiamo almeno rivolgerci ad Afrodite, che ci avrebbe riscaldato, ma di un amore incondizionato. Senza se e senza ma.
Innamoriamoci. Di una parola, una musica, un fiore, una fotografia, una persona, un maialino d’India, ma innamoriamoci, tra un cubetto di ghiaccio e l’altro.
Le endorfine salgono a dismisura, vi si stampa uno smile indelebile sul viso, e con l’aiuto di magnesio, frutta e verdura, potreste essere amabili e amati.
Che ne dite?
Vi auguro un amore fresco, buona Afrodite a tutti voi.

Viaggio nel deserto

Corri, corri veloce..è solo l’alba e il deserto diventa incandescente qualdo il sole diventa nemico.. c’è solo una striscia di luce davanti a te..intorno è come un castello di carte che viene giù.

Non avere paura, il coraggio e la fede sono le sole armi che hai, le più potenti, le più esigenti..lascia alle spalle tutto quello che ti rende nuda, sai di essere crocifissa, sai che è l’unica strada per liberarti, quella che ti fa sanguinare ogni cellula..ricordi ogni chiodo che ti ha trapassato, hai urlato ma non hai dubitato.

Corri ti prego, non importa la meta, non farti domande, il momento è ora..o mai più.

Incontri volti amati, mani tese, parole soffocate, sussulti di anime inquiete..ti soffermi nei loro occhi, ti supplicano di portarli con loro…non puoi adesso, è la tua corsa, è il tuo sangue..c’eri quando offrivi loro amore ma non sapevano ricambiare lo sguardo..li ritroverai alla fine..ma tu non sarai più la stessa e loro nemmeno..

Corri, le lacrime appannano i cammino, ma non rallentano il passo, sei fra terra e cielo, fra gioia e dolore, sei nella pancia di tua madre, sei nell’istante magico che ha deciso di farti scendere qui..

Sei fra gli ultimi, quelli che sono scivolati infinite volte e si sono rialzati, sei fra i più amati.

Senti il sangue caldo che scivola ma non ti fa paura, non si muore correndo, si muore ogni volta che si rinnega la luce.. le gambe sono stanche ma non hai scelta, devi solo seguire quel puntino luminoso, caotico, caldo.

Il vento ti guida, confonde i confini ma ti spinge come una mano amica, non sei sola..

Non rinnegarti mai, non farti fermare, non cedere alle parole, non illuderti, hai un compito importante…ancora un passo, la meta è vicina..corri….è il tuo viaggio anima mia..

 

Nata a primavera.

Sono nata a primavera. Mi scorrono dentro i suoi odori,la linfa acerba che cerca la vita, l’incertezza che i fiori si trasformino in frutti, la determinazione  a crescere anche se un freddo improvviso potrà farmi morire.

Sono nata a primavera. Partorisco ogni volta una donna nuova, che accarezza le cicatrici e sorride esausta e fiera all’ignoto, che non le fa più paura.

Grata dei miei baratri, delle cadute, dei tunnel infiniti e gravida di quell’amore bambino e irruento che avvolge e protegge.

Sono nata a primavera e canto ogni giorno un inno alla vita, senza domande,  lasciando che giochi con sentieri sconosciuti, fiduciosa che anche dietro la montagna più impervia mi aspetti un raggio di sole.

Sorrido di quella forza sconosciuta e leggera che mi accompagna nel paesaggio disegnato per me.

Rinasce dentro di me la primavera…un fiore timido e tenace ricordo di una felicità fluida e inesorabile

un cardo pordo

Non so se sia colpa del caldo africano, di Urano che ha impestato gli anelli di Saturno, delle incognite fumose o dell’eccesso di tasse, fatto sta che ho dovuto tirar fuori lo scudo del gladiatore per far fronte a un’onda impazzita di aggressività, rabbia, di violenza verbale, di vendetta e un sacco di roba luciferina.

Mi son chiesta perchè. In genere attraggo tutta quella vasta e crescente umanità cosiddetta problematica. se in un parcheggio c’è anche un solo venditore ambulante (vu cumprà è da cancellare proprio), state tranquilli che non compro nulla, rovescio la borsa alla ricerca di qualche spicciolo (i contanti languono), mi raccomando che faccia il suo permesso di soggiorno e il suo CV. Non sono buonista, son cretina proprio.

E vigliacca. Più penso al prossimo, meno penso a me.

Ma in questi giorni ho sentito risvegliarsi la belva che in me. Di fronte a attacchi forti, che in genere mi fanno salire i lacrimoni ( e mi odio da morire, mai, dico mai, dare questa soddisfazione), sembravo la Loren ciociara con tanto di weeeeeeeeee guagliooooooooòòò e aria sfrontata pronta al colpo ( a riceverlo, più che altro).

Ho scoperto che ho dei limiti invalicabili alla stupidità umana e che ho perso la capacità di lasciar correre, base indispensabile per poter vivere adeguatamente in una comunità, per essere definita un essere sociale e quant’altro.

Ohibò, Lucifero me l’ha fatto dimenticare e la belva, sorniona, mi sorride orgogliosa di aver inflitto un bel graffio all’immagine paciosa e rassicurante che mi sembrava di avere.

O sei con me o sei contro di me, via tutte quelle cavolo di sfumature, compromessi e acidità varie che  manco il Maalox può cancellare.

E’ un cardo pordo, bimba, che s’appiccica alle porpe, diceva mia nonna.

Vero nonna, ma s’appiccica anche ai cervelli assetati di ego. Che Lucifero (il caldo e) li squagli come neve al sole, che s’infliggano le peggiori torture nel nome della rosa e tornino fra noi umani bagnati da una fresca umiltà.

O la mia belva li farà fuori. senza rimorsi.

Non so se sia colpa del caldo africano, di Urano che ha impestato gli anelli di Saturno, delle incognite fumose o dell’eccesso di tasse, fatto sta che ho dovuto tirar fuori lo scudo del gladiatore per far fronte a un’onda impazzita di aggressività, rabbia, di violenza verbale, di vendetta e un sacco di roba luciferina.

Mi son chiesta perchè. In genere attraggo tutta quella vasta e crescente umanità cosiddetta problematica. se in un parcheggio c’è anche un solo venditore ambulante (vu cumprà è da cancellare proprio), state tranquilli che non compro nulla, rovescio la borsa alla ricerca di qualche spicciolo (i contanti languono), mi raccomando che faccia il suo permesso di soggiorno e il suo CV. Non sono buonista, son cretina proprio.

E vigliacca. Più penso al prossimo, meno penso a me.

Ma in questi giorni ho sentito risvegliarsi la belva che in me. Di fronte a attacchi forti, che in genere mi fanno salire i lacrimoni ( e mi odio da morire, mai, dico mai, dare questa soddisfazione), sembravo la Loren ciociara con tanto di weeeeeeeeee guagliooooooooòòò e aria sfrontata pronta al colpo ( a riceverlo, più che altro).

Ho scoperto che ho dei limiti invalicabili alla stupidità umana e che ho perso la capacità di lasciar correre, base indispensabile per poter vivere adeguatamente in una comunità, per essere definita un essere sociale e quant’altro.

Ohibò, Lucifero me l’ha fatto dimenticare e la belva, sorniona, mi sorride orgogliosa di aver inflitto un bel graffio all’immagine paciosa e rassicurante che mi sembrava di avere.

O sei con me o sei contro di me, via tutte quelle cavolo di sfumature, compromessi e acidità varie che  manco il Maalox può cancellare.

E’ un cardo pordo, bimba, che s’appiccica alle porpe, diceva mia nonna.

Vero nonna, ma s’appiccica anche ai cervelli assetati di ego. Che Lucifero (il caldo e) li squagli come neve al sole, che s’infliggano le peggiori torture nel nome della rosa e tornino fra noi umani bagnati da una fresca umiltà.

O la mia belva li farà fuori. senza rimorsi.

Bambine allo specchio

Ti vedo giocare amore mio e i tuoi abbracci improvvisi, le tue risate fatte di note, i tuoi occhi che si allargano pieni di vita, mi fanno sperare.

Sei piccola, non posso pensare che hai già tante cicatrici, vorrei cancellarle con il mio sangue, con le parole, con le certezze che posso darti, ma non servirà, penso solo che tua madre sarebbe felice di vederti così, lei, che la vita l’ha solo attraversata in punta di piedi e che come una foglia è stata portata via da un vento indecifrabile. Non posso darti risposte su quel vento piccola, posso solo dirti che è lo stesso uragano che ha travolto anche me.

Ho paura perchè so che non si dimentica e che arriverà un giorno in cui vorrai rimuovere tutto, cercando fantasmi del passato, ai quali ti aggrapperai con tutta te stessa. La mia bambina non può difenderti, si è data di volta in volta un nome, un ruolo, un progetto diverso, pur di correre lontano e ti ammira, ti ama, perchè vorrebbe assomigliarti.

La donna che sono non ti farà conoscere l’abbandono, le incomprensioni, il tuo sentirti etichettata ogni volta come “diversa”, non dovrai aggrapparti a muri inconsapevoli pur di dimostrare di esserci.

Tu ci sei amore mio e sei così grande..più coraggiosa, innocente e talmente generosa da farmi pensare che sei tu in realtà ad insegnarmi, sei la piccola maestra che guarda allo specchio la bambina dimenticata e la costringe a correre nell’acqua urlando a squarciagola, a pettinare le tue bambole, a truccare i tuoi sogni.

Ti guardo e penso che forse qualcosa di buono, di puro, di me..ti è arrivato, e sono io a ringraziarti per rendermi migliore.

Mi metti allo specchio ogni giorno e, anche se quello che vedo non mi piace, nel tuo sguardo adorante capisco che devo imparare a perdonarmi.

Ci sarò, quando quella cicatrice ti farà male e difenderò la tua vita, i tuoi sogni, i tuoi perchè..ti ho voluto tanto senza conoscerti e forse adesso tutto ha un senso. Grazie piccola mia..

La Luna

Mi piaci perché nessuna definizione ti completa.

Misteriosa, acquea, impenetrabile; sembri una cosa appiccicata là nel buio catramoso con l’unico impegno di cambiare forma, un quarto, metà, piena, nera, nuova.

Attrai. Tutto. Da lassù smuovi emozioni, acque, parti, cicli, semine, raccolti e tutte quelle attività magiche, che non ci appartengono più, che si riflettono sulla natura, sulla madre terra, questa sconosciuta..

Mi ricordo che qualche anno fa (non posso nemmeno appellarmi all’innocenza dell’infanzia o all’ignavia dell’adolescenza) un’amica mi parlò di te, suggerendomi un grande segreto per realizzare TUTTI i desideri più o meno nascosti.

Farti la riverenza quando sei splendidamente piena, gravida di energia, per 3 volte, ripetendo “Faccio la riverenza Signora Luna” a voce alta, esprimendo qualsivoglia desiderio, poi, di rimanere lì, a fissarti intensamente, affidandoti pensieri, ossessioni & c.

Mi son svegliata la mattina seguente con un orzaiolo grosso come una pallina da golf, ho chiamato l’amica e l’ho infamata. Troppo facile dirmi che ero (e sono) un’Alice nel paese delle meraviglie.

Però sei femmina. Dannatamente, ineluttabilmente FEMMINA.

Mi arrivi alla pancia, ti cerco nel cielo, riesci ancora a stupirmi.

L’altra sera eri proprio dentro di me.

Immersa come sono nel controllo tout court della vita/vite altrui, mi sono persa un attimo nella tua visione e mi sono lasciata guidare.

Allora l’ho sentita, la voce della Luna.

E’ suadente, folle, un po’ bambina, un po’ maestra.

Ha riallacciato il cordone e ha interrotto il sonno cieco e stanco delle imposizioni, ubriacandomi della sua luce sottile, che svela solo ciò che puoi sopportare, il resto è a puntate, dose dopo dose.

Grazie Luna bella, so che ti appartengo, anima e liquidi vari.

Quasi quasi stanotte ti faccio la riverenza, però non ti chiedo niente, non tanto per il timore che sbuchi l’orzaiolo, ma perché adesso so che tutto arriva e tutto va, come nelle maree, nei pensieri, nei fiori, nelle ombre e anche nel tuo buio catramoso..

Il ditino.

A volte penso a come sarebbe bello spengere quella suoneria hypno-tecno-dance & co, e rimanere dove sono. Staccare telefono, campanello, sparire.

Sorrido pensando alla mia carissima amica e alla sua frase cult pronunciata col suo adorabile accento calabro-siciliano, che già ti fa venire voglia di lanciare uno scongiuro, “io i sensi di colpa li respiro da quando sono nata”.

E’ verissimo. Nel momento stesso in cui pensi che il mondo può rotolare da solo per un po’ anche senza il tuo contributo, nella mente si affollano, e senza prendere il ticket,doveri, pensieri, responsabilità, morale, etica, frigo vuoto, mamma sola e così via.

Pare, dico pare, che sia indispensabile. Allora perché quando arrivo a fine giornata e già penso a mettere in fila le pecore per contarle, greggi infiniti, mi scorrono davanti le immagini di quelle azioni, pensieri, parole che ho lasciato in quel giorno e non trovo quasi niente che abbia sortito un buon effetto?

Però in compenso ho raccattato una marea di ditini puntati, un elenco dettagliato di quello che ho fatto, ma non così bene, detto, ma non con la erre moscia, pensato, ma non con il sorriso d’occasione.

Siamo di passaggio, mi dico. Un pensierino semplice, essenziale, totalmente ignorato.

Neppure le vicende drammatiche di questi giorni riescono a distogliere l’umanità dal sentirsi comunque immortale e dal perdere un sacco di energia a frugare nell’immondizia altrui, sempre col mitico ditino.

Vi viene l’artrite gente, inquinate le emozioni, bloccate i chakra e soprattutto demoralizzate e rompete le balle al prossimo.

Che può stancarsi, dimenticando di respirare i sensi di colpa e di essere indispensabile, trovando così la forza di spengere quella suoneria assurda, girarsi dall’altra parte e chi si è visto si è visto.

Siamo di passaggio, mi ripeto come un mantra.

E ho una sensazione cupa, triste, indifesa, di come stiamo azzerando tutto il bello che c’è dentro di noi.

Avrei solo voglia di un abbraccio caldo, come quelli che ricevi da bambina senza averlo chiesto, di una parola gentile che non deve essere interpretata tra le righe, di un messaggio di speranza, lieve, come le gemme che stanno sbocciando seguendo il loro ritmo.

Perché c’è ancora una Natura delle cose, e mentre tutto scorre e viene dato per scontato come lo scontrino dell’ipercoop, qualcosa accade indipendentemente da noi, basta alzare lo sguardo per vederlo davvero.

Non mi solleva sapere che “c’è chi sta peggio”, non mi rende migliore, anzi, aumentano le pecore da contare.

E nemmeno sapere che tutti si ricorderanno di te quando non ci sarai più e che quell’assenza di erre moscia era unica.

Oggi c’è una luna piena fantastica, unica, potente. Spero che vi arrivi dentro, agitando quel mare oscuro che si chiama inconscio, annaspando nelle emozioni più sconosciute, lasciando parlare le cellule mute, cantando a squarciagola anche se siete stonati, dando un bacio appassionato.

Fate qualcosa che ci ricordi che siamo parte anche di altro, ribellatevi, c’è una follia che ha bisogno di riportare tutto ad una vera normalità.

E soprattutto..abbassate il ditino. Grazie.

Voglio lo scudo.

Stamani il mio risveglio ha bypassato quei 2,3 minuti di incoscienza, quando dal sonno più o meno beato passi alla dura realtà della giornata che ti aspetta.

Quel brevissimo lasso di tempo in cui ti sembra che tutto sia ancora possibile e che in realtà hai ancora potenzialità da far emergere, fantasie da realizzare e senti aleggiare la speranza di un mondo migliore.

Una mano oscura mi premeva sul petto e non trovavo la forza di alzarmi.

La conosco…si chiama angoscia, impotenza, paura, anche.

Si sovrapponevano le immagini di due piccoli angeli travolti da una crudeltà ingiustificabile, di un omino superficialmente sottovalutato che invoca uno scudo (spaziale?) per condurci quanto prima nello scenario per me più impensabile, ma tremendamente realistico, un regime.

Pensavo alle lotte e alla sofferenza di altri uomini, di altri paesi, che scendono in piazza e muoiono ancora per difendere i loro diritti (negati)  e le (poche) libertà rimaste.

Mi sono chiesta perché..si dice sempre che in fondo al tunnel ci sia la luce, come nella bellissima carta dell’Eremita degli Arcani Maggiori, ma la mia miopia sta avanzando a passi enormi e sto perdendo la cosa più importante, la speranza.

Voglio uno scudo anch’io, voglio andare a Strasburgo perché  i miei diritti umani sono stati violati, lesi, azzerati.

Voglio rivendicare la mia “donnità”, che mi fa arrancare per arrivare alla fine del mese, ma senza cedere a palpatine o proposte indecenti.

Voglio che qualcuno faccia una donazione ingente di apparecchi acustici a chi siede sugli scranni del potere, un mese in fabbrica a chi gioca con l’ipad nelle sedute parlamentari, e manifesti di un metrox1 ovunque di scuse a chi tenta ogni giorno, e spesso lo fa sulla propria pelle e su quella di un’intera famiglia, di ristabilire un equilibrio annaspando come i  funamboli del circo, appesi a un filo.

Se nella tradizione orientale ci suggeriscono sempre di guardare alla propria vita come a una rappresentazione teatrale, della quale siamo spettatori più o meno distaccati, per osservare meglio quello che non va, beh…cambio scena, brucio il teatro e strappo i biglietti senza nulla da dichiarare alla Siae.

Perché questa non è la sceneggiatura che avevo scritto e le uniche variabili ammissibili erano quelle del Direttore, lassù.

Nessuno ha il diritto di togliermi il diritto.

E voglio lo scudo, tanto lo pagherò fino all’ultimo euro, ma non per difendermi né per nascondermi.

Per lottare, ancora un po’, magari non sono sola, e voglio sentire di nuovo serpeggiare un alone di speranza, quella roba strana che ci fa sembrare folli, si, ma non ancora dei semplici burattini.

Qual è il prossimo volo per Strasburgo? Vi aspetto al gate..